Ticket sanitario: Ricorso e giurisdizione del giudice che deve decidere

Ticket sanitario: Ricorso e giurisdizione del giudice che deve decidere

In tema di Ticket sanitario, il Ricorso e la giurisdizione del giudice che deve decidere, sono questioni molto controverse a causa di alcun problemi interpretativi e delle decisioni altalenanti dei giudici tributari di primo grado.

E’ opportuno fare chiarezza e per farlo è utile una recente sentenza della Corte di Giustizia Tributaria Regionale della Campania, che ha accolto un ricorso in appello proposto da uno dei legali dello Studio C&P Legal (cfr. l’allegata Sentenza n. 6090/2023/13 Corte Giustizia Tributaria Regionale della Campania).

Cosa è il Ticket Sanitario?

Il ticket sanitario è un contributo richiesto ai pazienti per determinate prestazioni mediche, come visite
specialistiche, esami diagnostici o interventi chirurgici.

Esso varia in base alla regione e al tipo di prestazione richiesta, ma generalmente si aggira intorno ai 10-25 euro.

Il sistema del ticket sanitario è stato introdotto all’inizio degli anni ’90 per cercare di contenere le spese sanitarie, ma ha suscitato numerose polemiche da parte dei cittadini.

La maggior parte dei contenziosi nati in materia di Tickets sanitari riguarda il rimborso preteso, a distanza spesso di molti anni, da parte di ASL e Agenzia Entrate di Riscossione per esenzioni di cui il contribuente non avrebbe avuto diritto.

La giurisdizione competente per esaminare i ricorsi sui ticket sanitari non è sempre chiara e molti dubbi derivano dalle interpretazioni che i giudici tributari attribuiscono alla natura stessa del ticket sanitario.

Il ricorso in materia di tickets sanitari.

Il ricorso viene presentato dal contribuente/paziente che ha ricevuto una prestazione sanitaria e o ne contesta la modalità di esecuzione, o il costo, ovvero quando ricevuta l’erogazione della prestazione in regime di esenzione successivamente gli viene richiesto il pagamento del corrispettivo perché l’ASL ritiene che l’attività sfruttata dal paziente non fosse coperta dal beneficio di esenzione.
Per fare ricorso contro i ticket sanitari, il primo passo consiste nell’avviare una procedura di mediazione obbligatoria.

Questo strumento ha lo scopo di spingere l’Ente a rivedere la pretesa o valutare la domanda della parte interessata e trovare un accordo tra le parti, deflazionando il contenzioso ed evitando così di arrivare innanzi al giudice per la decisione.

In caso di fallimento della mediazione, la domanda presentata in mediazione avrà valore di ricorso al giudice competente, che dovrà decide sul problema emerso tra le parti.

In tale situazione, assume rilevanza determinante l’individuazione della giurisdizione corretta.

La giurisdizione del giudice ordinario

La giurisdizione del giudice ordinario, in generale, si ritiene si applichi nei casi in cui il ricorso riguarda il diritto alla prestazione sanitaria, magari negata dall’ASL di riferimento.
Invero, il sistema sanitario italiano prevede la possibilità di applicare il ticket sanitario per alcune prestazioni mediche, tuttavia, in alcuni casi, i pazienti possono considerare ingiusta l’applicazione del ticket oppure iniquo il pagamento di una prestazione già eseguita in regime di esenzione.

A quel punto decidono di proporre ricorso.
In questo contesto, sorge la questione della giurisdizione competente per esaminare le controversie legate ai ticket sanitari.

È necessario rivolgersi al giudice tributario o al giudice ordinario?

Sul punto, è importante sottolineare che la competenza del giudice ordinario è limitata alle questioni relative al diritto alla prestazione sanitaria e alla quantificazione del ticket.

Non ha competenza, invece, per decidere sulla legittimità dell’imposizione del ticket o delle sanzioni amministrative, ovvero sull’obbligo di pagare un ticket o rimborsarlo a carico del paziente, qualora lo avesse ricevute in un periodo di astratto regime di esenzione, poi eventualmente non ritenuto corretto.

Queste problematiche sono invece di competenza del giudice tributario .

La corretta individuazione della giurisdizione del giudice tributario in tema di legittimità dei tickets sanitari e dell’obbligo del contribuente al relativo pagamento.

Come è ben noto la questione della corretta individuazione della Giurisdizione del Giudice chiamato a decidere in tema di cognizione della legittimità dei tickets sanitari e dei relativi obblighi di pagamento a carico dei contribuenti, ha sempre destato particolari difficoltà a seguito di ambivalenti decisioni dei giudici tributari.

Ciò è avvenuto nonostante sul tema si fossero pronunciate – in epoca sicuramente più risalente – sia la Corte di Cassazione (cfr., Cass., Sezioni Unite, ord. n. 123/2007) sia la Corte Costituzionale (sent. 238/2009).

Entrambe sostanzialmente hanno affermato la giurisdizione del giudice tributario per le controversie relative a tutti i tributi, come il ticket sanitario, attraverso il quale il privato contribuisce alla spesa pubblica sanitaria.

In particolare la Corte Costituzionale ha affermato il principio secondo il quale ci troviamo di fronte ad un’obbligazione tributaria tutte le volte che la prestazione è doverosa, giustificando la giurisdizione del giudice tributario (cfr. in conformità CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 08 maggio 2018, n. 10967).

Nonostante ciò, anche recenti sentenze della Corte di Giustizia Tributaria di primo grado hanno messo in dubbio tali principi ritenendo che chi fosse tenuto a decidere era il Tribunale Ordinario.

La decisione della Corte di Giustizia Tributaria Regionale della Campania

La recentissima sentenza della Corte di Giustizia Tributaria Regionale della Campania n.6090/2023 del 2.11.2023 soccorre a chiarire la problematica.

Preliminarmente, occorre precisare che i giudice tributari di appello hanno ritenuto necessario prendere posizione sulla questione attinente la natura dei ticket sanitari.

Posto che il ticket sanitario fu introdotto nel nostro ordinamento, dal D.L. n. 382/1989, con la denominazione di “partecipazione alla spesa” da parte degli assistiti per accedere ai servizi del sistema sanitario nazionale (visite specialistiche, prestazioni di diagnostica strumentale e di laboratorio, ecc.).

Il sistema di partecipazione al costo delle prestazioni sanitarie e del regime delle esenzioni dal ticket è stato poi rivisitato con il D.Lgs. n.124/1998, al fine di garantire la tutela della salute e l’accesso ai servizi alla totalità dei propri assistiti senza distinzioni individuali o sociali.

Considerato ancora che il mancato pagamento del ticket dovuto può generare un’azione di riscossione dei ticket evasi attraverso la notifica da parte delle Asl di un avviso bonario prodromico di
successivi e conseguenti atti aventi una differente natura formale.

A fronte di tali atti per individuare il giudice competente a dirimere le relative controversie si deve tener
conto della natura giuridica del ticket.

Secondo quanto affermato dalla dottrina prevalente il ticket sanitario rientra tra le entrate tributarie del sistema di bilancio degli enti territoriali.

Rientra, in particolare, tra le entrate proprie delle aziende del Servizio Sanitario Nazionale e riveste la forma di tassa imposta al beneficiario del
servizio (Consiglio di Stato, sentenza n.4924/2016).

– Il contenuto della pronuncia

Alla luce di quanto sopra osservato, la Corte ha deciso che: “Tutti gli atti adottati da un ente impositore che portino a conoscenza dello stesso una ben individuata pretesa tributaria, per il principio di tutela del contribuente (art. 24 e 53 della Costituzione), sono impugnabili davanti al giudice tributario”.

In tal senso l’art.12, comma 2, della L. n.448/2001, sostitutivo dell’art. 2 del D.Lgs. n. 546/1992, ha stabilito l’attribuzione alla giurisdizione tributaria di “tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e specie, compresi quelli regionali, provinciali e comunali e il contributo per il Servizio sanitario nazionale.
Alla luce di tutte le considerazioni esposte in premessa la Corte tributaria Campana di appello ha statuito “che la giurisdizione sul ticket sanitario sia quella tributaria”.

Essa ha osservato che, come stabilisce la legge, per evitare dubbi interpretativi, è stato modificato il Codice del processo tributario, esplicitando che nella giurisdizione tributaria sono comprese “tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e specie, compresi quelli regionali, provinciali e comunali e il contributo per il Servizio sanitario nazionale e sovrimposte e le addizionali, le relative sanzioni nonché gli interessi e ogni altro accesso”.

In base a tali premesse, può affermarsi dunque che il ticket sanitario è un tributo e le controversie su di esso vengono perciò decise dal giudice tributario”.

La medesima Corte tributaria di secondo grado, in adesione integrale alla ricostruzione del thema decidendum del contribuente come proposto dallo Studio C&P Legal, ha fatto proprie le osservazioni e i principi forniti dalla Corte di Cassazione e dalla Corte Costituzionale richiamandolo espressamente e ribadendo la giurisdizione del giudice tributario a valutare i ricorsi in ordine ai tickets sanitari, alla loro legittimità e all’obbligo di pagamento a carico dei contribuenti.

CONCLUSIONI SUL TEMA

In conclusione, il tema del ticket sanitario e della giurisdizione competente per i relativi ricorsi è di grande importanza per i pazienti e contribuenti che si vedono applicare questa tassa sulle prestazioni sanitarie.

La scelta della giurisdizione corretta è fondamentale per la buona riuscita del ricorso, poiché ogni giudice ha competenze e procedure specifiche.

Sarebbe opportuno un intervento normativo chiarificatore allo scopo di escludere la prosecuzione di controversie su un terreno sterile in quanto già chiarito e specificato adeguatamente dalle supreme corti italiane.

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Possiamo così ripartire anche grazie alla “buonuscita” ricevuta.

Grazie a tutti voi.

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Ci siamo sinceramente disinteressati e abbiamo perso la casa all’asta per poco più di euro 20.000, rispetto ad un mutuo residuo di 130.000.

Dopo la perdita della casa, la banca ha iniziato i pignoramenti sullo stipendio per il residuo di circa 130.000 a me e al mio ex.

Solo con l’intervento dello studio C&P Legal siamo riusciti a risolvere sfruttando la legge sul sovraindebitamento. Questo ci ha consentito di ripartire, ma rimane il dispiacere di non aver risolto prima il problema magari vendendo la casa. Avremmo almeno evitato i pignoramenti successivi. Grazie comunque per tutto.

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Michele S.

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